Ardono altissimi ceppi, mentre brucia il fantoccio a forma di orso : la comunità montana del villaggio, ai piedi delle Dolomiti, si riunisce attorno al fuoco, per esorcizzare la paura. La caccia all’orso, detto il “diaol” – maschera spaventosa e bestiale che, di notte, fa strage delle mandrie – è sempre aperta. Chi sarà il più coraggioso tra gli uomini? Chi vorrà guadagnarsi ben seicentomila lire? Saranno Pietro e suo figlio, Domenico: l’uno consunto dal vino e dallo stato di collera, l’altro, un ragazzino timido che va, tutti i giorni ad accudire gli animali, nella stalla. Un legame aspro il loro, fatto di lunghi silenzi, di sguardi severi, ma anche di tenerezze: Domenico raccoglie amorevolmente gli occhiali del padre, rovinato malamente in terra, dopo una lite con Crepaz, il capocantiere della zona. Il film mostra una passione intimista per la natura, un bel vedere per gl’occhi, che rilascia, un senso di benessere, durante tutto il tempo: pur mostrando corpi squarciati, la morte degli animali non procura turbamento. Dopo vari episodi di ammazzamento del bestiame, la comunità è in subbuglio : così, l’intrepido Pietro ha l’occasione di ravvedersi per gli errori commessi e fare qualcosa per il bene della comunità.La sfida è raccolta tra le risate e lo scetticismo generale, perché, Pietro, viene considerato un inetto, uno che non sa campare ed è pure finito in carcere. “Poco male!” pensa lui e così Pietro parte, di buon mattino, per la caccia. Suo figlio Domenico lo segue imbracciando un fucile che imparerà ad usare in fretta. Padre e figlio, fianco a fianco, penetrano nel fitto dei boschi alla caccia dell’orso: non un semplice orso, il “diaol”, minaccioso come il Moby Dick di Mellville, appare e scompare tra paesaggi maestosi e sublimi come quelli di Sterne. Domenico aveva sognato quest’avventura leggendo Mark Twain, vestendo i panni di Tom Sawyer : sui monti ,calata la notte, davanti ad un fuoco improvvisato, neanche fossero nel vecchio west, ora il piccolo uomo ritrova l’amore paterno, il tesoro più grande. La macchina è in primissimo piano sul viso di Pietro : l’inquadratura coglie il protagonista nel racconto della verità, la verità di padre mai detta prima… Pietro si commuove e ci commuove. Prova importante superata per Domenico che ha imparato presto, a vivere: un futuro da grande uomo. Film davvero bello, ben recitato, un cammeo riuscito in tutte le sue componenti, che fa molto, molto bene al Cinema Italiano.
Titoli di Coda
Cast artistico
Pietro Sieff Marco Paolini
Domenico Sieff Leonardo Mason
Sara Lucia Mascino
Crepaz Paolo Pierobon
Signora Dal Mas Maria Paiato
Franco Mirko Artuso
Bruno Valerio Mazzucato
Toni Dal Mas Massimo Totola
Santin Silvio Comis
Cast tecnico
Regia di Marco Segato
Soggetto Marco Segato
Sceneggiatura Enzo Monteleone, Marco Paolini, Marco Segato
Tratto dal romanzo “La pelle dell’orso” di Matteo Righetto edito da Ugo Guanda Editore
Fotografia Daria D’Antonio
Montaggio Paolo Cottignola, Esmeralda Calabria
Musiche Andrea Felli
Suono Remo Ugolinelli, Alessandro Palmerini
Scenografia Leonardo Scarpa
Costumi Silvia Nebiolo
Trucco ed effetti prostetici Andrea Leanza
Acconciature Romina Ronzani
Casting Marina Zangirolami – Argonauti
Prodotto da Francesco Bonsembiante
