Chiudere gli occhi per difendersi non dal buio, ma da un eccesso di luce. È questa l’immagine iniziale che Roberto Funaro sceglie per “Non credere a niente”, il nuovo singolo disponibile in tutti i digital store per Watt Musik. Un brano che supera il racconto di uno stato d’animo individuale per intercettare una condizione diffusa e profondamente contemporanea, legata al sovraccarico visivo, cognitivo ed emotivo che caratterizza il presente.
L’abbaglio come condizione del nostro tempo
L’idea di “troppa luce” diventa subito una chiave di lettura culturale. Tutto è disponibile, tutto è visibile, tutto è immediato, e proprio questa esposizione continua produce confusione, disorientamento, fatica. Le analisi culturali più recenti descrivono con sempre maggiore frequenza la difficoltà di distinguere ciò che merita attenzione da ciò che si impone solo per intensità o insistenza. Quando tutto è illuminato allo stesso modo, nulla risulta davvero comprensibile.
“Non credere a niente” nasce dentro questo scenario. La sovraesposizione non viene trattata come concetto astratto, ma come esperienza quotidiana fatta di notifiche, confronti costanti, iper-visibilità e stimoli simultanei che arrivano senza lasciare il tempo di costruire una direzione interna. Nel 2025, questa condizione è diventata familiare a molti, tanto da non richiedere più spiegazioni: è il punto di partenza da cui si cerca di riprendere orientamento.
Il dialogo con il sé originario
Un secondo livello del brano riguarda il rapporto con il sé originario. Funaro costruisce un dialogo sotterraneo tra l’adulto di oggi e il bambino di ieri, non come rifugio nostalgico, ma come controcampo critico. Quella voce più lontana, meno addestrata a “funzionare”, meno plasmata dalle aspettative esterne, diventa lo spazio in cui le domande restano integre.
In un contesto culturale sempre più attento alla formazione dell’identità e alla rielaborazione del passato, questa scelta assume un significato preciso. Tornare a quel momento iniziale significa recuperare una zona in cui le domande non erano ancora sovrascritte, non ancora soffocate dalla pressione e dalla frenesia. Un luogo fragile ma autentico, che oggi rischia continuamente di perdersi sotto il peso dell’urgenza e della prestazione.
La difficoltà di immaginare il futuro
Il terzo asse del brano tocca una sensazione ampiamente condivisa: la difficoltà di immaginare il futuro. Il verso “Non guardare avanti se non vuoi veramente vedere il futuro” non è un invito alla rinuncia, ma una constatazione sulla precarietà climatica, economica e relazionale che ha segnato una generazione intera, non soltanto i più giovani.
Il futuro appare spesso sfocato, incerto, carico di timori e aspettative contraddittorie. Funaro non tenta di risolvere questa percezione, ma le concede spazio, lasciandola scorrere nel brano come una delle realtà con cui oggi si convive. È un modo per riconoscere l’esistenza di questa fatica senza trasformarla in slogan o in risposta semplificata.
“Non credere a niente” come presa di posizione
Il titolo introduce un quarto livello di lettura. “Non credere a niente” non suggerisce rassegnazione o cinismo, ma una presa di posizione consapevole nei confronti di un contesto che produce risposte rapide e narrative preconfezionate. Il brano sospende la retorica del “credi sempre e comunque” per muoversi su un terreno più essenziale, fatto di ascolto, selezione, attenzione critica.
Dopo anni in cui è stata privilegiata la spinta a fare, aderire, reagire, anche a costo di non interrogarsi sulla direzione intrapresa, emerge un bisogno diverso: orientarsi prima ancora che motivarsi. Diffidare delle versioni immediate delle cose diventa un atto di cura, un modo per capire cosa appartiene davvero a sé e cosa, invece, è solo rumore.
La forma musicale come spazio di respiro
Il quinto livello riguarda la struttura musicale del brano. “Non credere a niente” si sviluppa su una linea melodica pulita, sostenuta da un arrangiamento curato dallo stesso Roberto Funaro insieme a Lorenzo Sebastianelli. La produzione lascia respirare il testo, evitando sovrastrutture, e si affida a una voce che sceglie un registro sobrio, funzionale a mantenere il focus sulle parole.
Le influenze del pop d’autore si intrecciano con sfumature R&B e colori più morbidi, costruendo una cornice sonora che accompagna il movimento interno del brano senza sovrastarlo. La musica diventa parte integrante del discorso, non un semplice supporto, ma uno spazio che permette al testo di trovare la sua collocazione naturale.
Le parole dell’artista
Roberto Funaro racconta di aver scritto “Non credere a niente” partendo dalla sensazione che tutto fosse troppo esposto, troppo immediato, troppo visibile. Un bisogno di recuperare un ascolto più intimo, che passa anche dal silenzio. Chiudere gli occhi, in questa prospettiva, non è una rinuncia, ma un gesto necessario per distinguere ciò che appartiene davvero da ciò che viene solo imposto.
Un brano che attraversa il presente
“Non credere a niente” si colloca come punto d’incontro tra esperienza personale e clima sociale contemporaneo. Non osserva il presente dall’esterno, ma lo attraversa dall’interno, da quel momento in cui la luce, invece di chiarire e guidare, abbaglia. La comprensione non nasce dal rifiuto del mondo, ma dalla necessità di ridurre il bagliore, di abbassare l’intensità per recuperare una misura più leggibile delle cose.
Biografia
Cantautore, poeta e polistrumentista, Roberto Funaro è una voce riconoscibile del pop d’autore contemporaneo. Nato a Roma, sviluppa una scrittura che unisce immaginario visivo, attenzione alle sfumature e un approccio musicale capace di dialogare con pop, jazz, R&B e con le ritmiche morbide della bossa nova.
La sua ricerca artistica si estende oltre la musica, includendo disegno, scultura e scrittura, all’interno di un percorso in cui il viaggio, fisico e interiore, è una presenza costante. Negli anni Funaro ha partecipato a progetti di sensibilizzazione e iniziative civiche, portando anche nel dibattito pubblico il suo impegno contro i femminicidi. La sua produzione solista e le collaborazioni hanno attirato l’attenzione di realtà culturali e musicali a livello nazionale, che ne riconoscono la qualità narrativa e la sensibilità compositiva.










