Quartiere nella periferia romana degradata. Mirko non sa come mandare avanti la baracca: è uscito dalla prigione, ha due figli -uno in arrivo – e vive con la sua compagna che, un giorno chissà, diventerà sua moglie. Il suo migliore amico è un ex tossico che vuole cambiare la sua esistenza, la vita della borgata. La borgata : quella di oggi, fatta di volti scavati e senza denti, sciupata da anni di mal di vivere, dissanguata e incapace di cambiare la propria esistenza. Una borgata che non è neppure arrabbiata o inviperita ma un popolo bastonato che si sente inerme, e perciò non fa nulla, ma attende che da fuori giunga una mano. Non una mano qualsiasi ma l’azione di un uomo e il suo amico di sempre, per trasformare quell’ambiente malsano, putrido, zeppo di pericoli sanguinanti, di siringhe infette, di spazzatura. Non sono i luoghi (simbolo) affamati degli anni sessanta, del proletariato che tanto viveva e sognava pur di fronte alla morte e all’inedia, nei tableaux vivant del cinema pasoliniano. Quel che scorre ha la fragranza di quel cinema alla Caligari che fotografa la realtà – in modo quasi documentaristico – e la fa diventare alta poesia (Claudio Caligari era specificamente magnifico in questo).Ecco che la macchina da presa a mano segue, passo, passo, i protagonisti, li accerchia fin dentro le cantine dei palazzoni, che sembrano catacombe, per dire il da farsi , in segreto, un po’ gomorriani, un po’ suburriani. Ma solo nei ritmi frenetici, perché in questo film il più grande sogno è Cambiare. C’è molto da fare: l’eroe non è nero, non spara più, non minaccia, è un cowboy romanesco dal viso fiero, non scavato, ma possente, provato da Regina Coeli, sì, ma virgulto pieno, nella sua forza scenica. Mirko non sente più di essere “cattivo”: sta cambiando. Nonostante suo padre, sbandato, tossicodipendente, gli ripeta che “la testa è quella” e che lui non cambia, non cambierà. Bellissima, commovente la scena di Mirko che si ritrova di notte a lottare con il padre che gli dice “Che fai ammazzi tuo padre? E fallo, fallo…”. Sì, in effetti ne aveva fatta una grossa suo padre, l’ennesima delle tante: ma non siamo in Seven (1995, regia di David Fincher) e Mirko non è il detective Mills. Mirko crede, e fa bene, che tutto si possa trasformare, tutto il veleno ,della sua vita “maledetta”, in medicina, in un ”Nuovo”. Da ex detenuto diventa presidente del comitato di quartiere: insieme a Boccione (un sempre meraviglioso Alessandro Borghi che quando spalanca gli occhi significa che il cuore del film comincia a pulsare, e anche il mio di spettatore). Così nomina i suoi sottocapi, conferisce nomine ufficiali: bisogna difendere la borgata! Dove c’erano prato e siringhe, nasce un campo di pomodori profumati. Dice il regista Michele Vannucci: “Mirko l’ho frequentato per tre anni, mi sono messo in ascolto ed ho iniziato a scrivere un racconto ispirato alla sua storia. Questo è Il più grande Sogno: un film di finzione che nasce dalla realtà e che, grazie alla generosità di un gruppo di persone disposte a mettersi in gioco, torna alla realtà attraverso una messa in scena che si muove libera tra commedia, melò e crime. Questo film è dedicato a chi ogni giorno lotta per la vita che sogna”. E Mirko dice dal canto suo: ”Quattro anni fa, Michele è entrato nella mia vita in punta di piedi. Praticamente non avevo mai fatto l’attore, e con lui ho iniziato a vedere che poteva essere un nuovo lavoro. Abbiamo fatto dei cortometraggi, siamo cresciuti insieme. Ho iniziato a raccontargli di me, lui a frequentare il quartiere: arrivava, tirava fuori il suo registratore e parlavamo. Era là, in ascolto della mia realtà. Alcune cose non erano facili da digerire, per me per primo. Gli raccontavo la mia vita e spesso la rivedevo in una luce diversa.
Il nostro è stato uno scambio continuo, raccontargli la mia storia e poi interpretarla è stato il risultato di una “ricerca” interiore che abbiamo affrontato insieme. Mirkone e Mirko non sono la stessa persona: Mirkone ha una storia criminale, una specie di reputazione alimentata anche da leggende del quartiere. Era un personaggio che doveva esistere. Mirko, invece, è quello che sono davvero e il film che ha girato Michele, per quanto sia solamente ispirato alla mia vita, racconta la mia storia, quella del mio quartiere, nel modo più “puro” e con il tono che, veramente, mi appartiene di più: ridi per tutto il film per quello che vedi, ma poi ci pensi e ti dici “non c’è proprio un cazzo da ride’”.
Fotografia sontuosa. Regia che si fa ammirare, coinvolgente.

Titoli di coda

“Il più grande sogno “

con
Mirko            Mirko Frezza
Boccione      Alessandro Borghi
Pierino         Vittorio Viviani
Vittoria        Milena Mancini
Paola            Ivana Lotito
Michelle      Ginevra De Carolis
Crystel         Crystel Frezza

Regia Michele Vannucci

Soggetto Michele Vannucci,
Anita Otto
In collaborazione con
Mirko Frezza

Sceneggiatura Michele Vannucci,
Anita Otto
Direttore della fotografia Matteo Vieille
Montaggio Sara Zavarise
Musiche Teho Teardo
Last before dinner
Scenografia Lupo Marziale
Costumi Sabrina Beretta
Prodotto da Giovanni Pompili
Una produzione Kino Produzioni

Con il contributo economico del Ministero dei Beni e delle
Attività Culturali e del
Turismo
Con il sostegno di Roma Lazio Film Commission

Regione Lazio
Fondo regionale per
Il cinema e l’audiovisivo

In collaborazione con Laser Film
Upupa srl

Vendite estere True Colours

Una produzione
Kino produzioni

Vincitore del Premio Solinas Experimenta

Il film è distribuito da Antani in collaborazione con Kino produzioni