( Che bella cosa ‘no spettacolo di Sole!)
La Platea è stracolma di gente. “Lo spettacolo sta per cominciare” tuona la voce dall’altoparlante. Acconciature “retrò” per le signore, per i signori brillantina, come si usava negli cinquanta o giù di lì. Sul palco l’immagine proiettata(molto in voga a teatro di questi tempi la videoproiezione..) del re Francesco II di Borbone,un pianoforte, una batteria. Ohibò.. abbiamo lasciato la capitale e siamo giunti con un treno che fa ancora la tratta Napoli- Portici …Sembra d’essere in un salotto bene di sabato sera al Vomero, in un salotto bene della città del Vesuvio. Atmosfere da café chantant, da rivista, da avanspettacolo : stili diversi che si fondo in un unico stile spassoso e accattivante. Una “marcetta” al piano e alla batteria introduce la lettura di un documento storico che risale al 1860: è la lettera del re Francesco II che grida al mondo di essere fieramente napoletano, a fianco del suo popolo.Viva Napoli! Stacco musicale. Una ballerina abbigliata da cantante di caffè chantan canta la canzone:” Betti guarda che Colosso….”. Risate, risate, risate.
Il mattatore (uno strepitoso, scintillante, a tutto campo Geppi Di Stasio) parla al pubblico e scambia battute con la “spalla “seduta in fondo sala. “Questo non è uno spettacolo comico, chi vuole se ne può ì“. Risate a profusione! Da concertista di fama, Geppi presenta la band alle sue spalle :“E dulcis in fundo Robertaaaa… (la bravissima Roberta Sanzò).” Il pubblico “chiama” la mossa, e la “mossa” arriva. Altra lettura di un documento epistolario del re di Napoli sull’arrivo dei Savoia. Geppi dice che le radici della comicità napoletane sono profonde. Altro applauso sulla battuta dell’unità d’Italia come “truffa” per Napoli e il sud. Lo spettacolo diventa sempre più gradevole, come un babbà che scioglie in bocca, dal dolce sapore di crema e rum. Intermezzo esilarate dei due musicisti che intervengono a sedare una “rissa” in scena tra le due attrici che giocano a fare le “prime donne” (la talentuosa Alida Tarallo e la Sanzò).
Il nostro Geppi fa lezione di storia di teatro e rispolvera il turpiloquio, come genere usato da Aristofane e recita una poesia sulla pace di Eduardo De Filippo. Stacchetti musicali molto divertenti. Si passa, così, allegramente, dalla rivista alla commedia, dalla declamazione alla citazione: esilaranti gli sketch del paziente che va dallo psicanalista e quello del marito che spara con la rivoltella alla moglie-il ruolo dell’ospite interpretato dal bravissimo Carlo Badolato-vero cavallo di battaglia per molti grandi attori comici. Altra marcetta, altro ballo e cantato della nostra Roberta. Applausi. Il Nostro spiega al pubblico che il titolo “Voi non siete napoletani” nasce da un aneddoto ben preciso: durante una partita di calcio, i tifosi vicentini hanno intonato il coro “Noi non siamo napoletani”. Poi incalza: “Pensavo ad un grido di dolore, poveri giovani! Non è colpa nostra se non siete napoletani”. Arriga la folla sempre più: applausi scroscianti! Geppi si fa cantante e intona “O sole mio” arrangiato alla chitarra elettrica. C’è spazio per l’inno delle due Sicilie (autore Paesiello 1887 n. d. R.) Quando scorrono le immagini di Maradona, durante lo scudetto, è un vero tripudio. La tradizione del teatro napoletano sbarca nella capitale e rivive i suoi sempiterni fasti. Che gioia e che talento. Un vero piacere, il teatro è vivo e lotta insieme a noi!
Titoli di Coda
Voi Non Siete Napoletani
Il Varietà dell’Unità (d’Italia)
Con Alida Tarallo-Carlo Badolato e con la partecipazione della piccola Martina Paruccini
Al pianoforte Sergio Colicchio
Percussioni Massimo Bonforti
Uno spettacolo di Geppi Di Stasio
Direttore di Scena Daniela Scotti
Luci e fonica: Andrea P. Bruno
Costumi: Ctn 75
Foto: Marco De Gregori
