James Senese, l’ultimo respiro del Neapolitan Power

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James Senese, l’ultimo respiro del Neapolitan Power

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Il 29 ottobre 2025 Napoli si è fermata. James Senese se n’è andato, a ottant’anni, lasciando dietro di sé il suono caldo del suo sax e una città che oggi suona più muta. La notizia della sua morte, avvenuta a causa di complicazioni legate a una polmonite, ha attraversato il Paese come una nota lunga e malinconica, di quelle che lui sapeva tirare fuori con una forza viscerale. E con la stessa intensità con cui ha vissuto tutta la sua vita: senza compromessi, senza maschere, con la pelle e con l’anima.

Un figlio di Napoli e del mondo

James Senese, nato Gaetano Senese il 6 gennaio 1945, era figlio di una madre napoletana e di un soldato afroamericano di stanza in Italia durante la Seconda guerra mondiale. Una nascita segnata dal pregiudizio, ma anche dalla contaminazione, quella che avrebbe poi reso la sua musica inconfondibile. “Sono nato nero e napoletano, due volte diverso”, diceva spesso. Eppure proprio da quella diversità aveva costruito la sua forza, trasformandola in linguaggio universale.

Da ragazzo, a dodici anni, resta folgorato dal suono di John Coltrane. Quel sassofono diventa presto un’estensione del suo corpo, una voce per dire ciò che le parole non bastavano a raccontare: la rabbia e la poesia della periferia, la dignità dei vicoli, la spiritualità di chi non si arrende. Napoli, in lui, non era soltanto una città: era un suono, un ritmo, un modo di stare al mondo.

The Showmen, Napoli Centrale e la nascita di un suono

Negli anni Sessanta e Settanta James Senese è tra i protagonisti della scena musicale partenopea. Prima con The Showmen, poi con Showmen 2, getta le basi di un linguaggio nuovo, capace di unire il soul americano con il dialetto napoletano. Ma è nel 1974, insieme a Franco Del Prete, che dà vita al suo progetto più iconico: Napoli Centrale.

Con loro, la musica diventa denuncia e poesia, fusione di jazz, funk e rock con testi che raccontano la realtà del popolo napoletano. “Campagna”, “Pele e core”, “O sanghe” sono canzoni che suonano come preghiere laiche, con quella voce roca e profonda che sembrava arrivare da un’altra dimensione.

Senese e i Napoli Centrale rappresentarono l’anima più autentica del Neapolitan Power, il movimento musicale che negli anni Settanta e Ottanta unì artisti come Pino Daniele, Enzo Avitabile, Tony Esposito e Tullio De Piscopo. Un laboratorio sonoro e culturale che fece di Napoli il centro di una rivoluzione musicale tutta italiana.

Il sodalizio con Pino Daniele

Quando Pino Daniele incise il suo primo album, Terra mia, volle accanto a sé proprio James Senese. Il sax di James diventò presto una presenza costante nelle incisioni e nei concerti del cantautore partenopeo, contribuendo a plasmare quel suono unico che avrebbe reso Napoli una capitale musicale mondiale.

Tra i due nacque un rapporto profondo, viscerale. “Pino era come un fratello”, raccontava spesso Senese, “ci capivamo senza parlare”. E in effetti bastava una nota del suo sax per sentire quella connessione: due anime diverse, unite dalla stessa urgenza di libertà, dalla stessa necessità di raccontare la verità attraverso la musica.

Un’artista senza tempo

Nel corso degli anni, James Senese ha continuato a suonare, incidere, sperimentare. Ha pubblicato album come James Senese Napoli Centrale, E’ Fernuto ‘O Tiempo e James is Back, portando avanti il suo stile unico e inconfondibile. Fino all’ultimo, era rimasto attivo: concerti, interviste, incontri, sempre con quel sorriso timido e quello sguardo profondo che raccontavano un uomo che aveva attraversato tutto — la povertà, il successo, la solitudine, la rinascita.

Nel 2021 aveva ricevuto il Premio Tenco alla carriera, un riconoscimento tardivo ma meritato. “Ho sempre suonato per la gente, non per i premi”, aveva detto allora. Eppure quel premio aveva il sapore di una rivincita, non personale ma collettiva: quella di un artista che aveva reso nobile la musica popolare, portandola nei teatri, nelle radio, nel mondo.

L’eredità di una voce

Con la sua morte, l’Italia perde non solo un grande musicista, ma un simbolo. James Senese è stato la voce di chi non aveva voce, il suono di una città che non si è mai arresa. La sua musica ha raccontato il dolore e la speranza, l’amore e la rabbia, la vita e la morte — ma sempre con dignità, sempre con cuore.

La sua eredità non si misura in dischi venduti, ma in emozioni trasmesse. Ogni volta che un sassofono si leva a raccontare un’emozione, un pezzo di James sarà ancora lì. E Napoli, la sua Napoli, continuerà a risuonare delle sue note, perché ci sono artisti che non se ne vanno mai davvero: restano nell’aria, nelle strade, nei silenzi dopo la musica.

Il silenzio dopo la musica

James Senese lascia un vuoto enorme, ma anche una lezione preziosa: che la musica non è evasione, ma identità. Che la libertà si conquista ogni giorno, anche quando si paga cara. E che le radici, quando sono profonde, diventano universali.

Oggi il suo sax tace, ma nelle strade di Napoli, tra i palazzi di Miano e i vicoli dei Quartieri, sembra ancora di sentirlo suonare. Perché un uomo come James Senese non muore: si trasforma in eco, in vibrazione, in spirito. E continuerà a parlarci ogni volta che un suono sincero attraverserà l’aria.

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